Anche se molti giapponesi usano questa parola per indicare genericamente una spada (ken), il termine katana si riferisce più specificamente ad un' arma bianca a lama curva e a taglio singolo, di lunghezza superiore a 2 shaku (più di 60 centimetri), usata dai samurai.
Nonostante permettesse di stoccare efficacemente, la katana veniva usata principalmente per colpire con fendenti, impugnata principalmente a due mani; ciò, sebbene Musashi Miyamoto, ne Il libro dei cinque anelli, raccomandasse la tecnica a due spade, che presupponeva l'impugnatura singola. Essa veniva portata alla cintura (obi) con il filo rivolto verso l'alto, in modo che potesse essere sguainata velocemente con abili movimenti e che in nessun modo il filo della lama potesse danneggiarsi nel tempo sfregando, a causa dell'attrito e della forza di gravità, contro l'interno del fodero.
L' arma era portata di solito dai membri della classe guerriera, insieme alla wakizashi, una seconda sciabola più corta (fra 1 e 2 shaku). La combinazione delle due era chiamata daishō (大小) e rappresentava il potere (o classe sociale ) e l'onore dei samurai, i guerrieri che obbedivano al daimyō (feudatario). Più precisamente, la combinazione daishō era costituita fino al XVII secolo da tachi e tantō; solo in seguito, da katana e wakizashi.
La produzione di spade in ferro inizia in Giappone alla fine del IV secolo, quando i Mongoli invasero il Giappone dalla Corea introducendovi le loro scimitarre, simili al dao cinese, che in seguito divenne la katana che conosciamo oggi.
I giapponesi appresero dai cinesi la tecnica della tempra differenziale. In seguito, nel periodo Heian (782-1180), le spade giapponesi assumono la classica forma ricurva, sono più lunghe della katana (tachi); vengono usate spesso a cavallo e indossate con il filo della lama rivolto verso il basso.